ATTENZIONE!

Per tutti quelli che hanno quasi finito di preparare la valigia per lasciare l'Italia, ma hanno ancora qualche dubbio che li trattiene;
Per quanti sono appena arrivati in terra iberica, non hanno una casa, né un lavoro e non hanno idea di come cominciare questa nuova avventura;
Per chi in Spagna ci vive da tempo, ma non ha ancora capito bene il perchè;
Per voi tutti, che avete bisogno di far chiarezza su questi dubbi amletici: ebbene, avete sbagliato blog.





giovedì 17 marzo 2016

#diquellavoltache scoprii che al lavoro tutti avevano un "mote"

Una delle prime cose che si impara quando ci si ritrova catapultati a lavorare nel mondo del lavoro spagnolo, è che tutti, nessuno escluso, hanno un soprannome.
Un "mote", come dicono in terra iberica.
Nel mio caso, il lavoro da cantiere, regala perle degne del sommo poeta (...no, non GG DaLessio, l'altro.)
La cosa migliore è che, il soprannome (o mote, che dir si voglia), ve lo portiate da casa. 
Vale a dire: é meglio che al lavoro ci arriviate già "soprannominati" perché, se non è così, nel giro di mezza giornata lavorativa, vi accolleranno un mote associato a un qualsiasi status/movimento/parola/opera/omissione che vi vedrà protagonisti (e vi garantisco che, in questo campo, il livello medio di finezza è quello degli anni d'oro d'Er Monnezza). 
E il mote, quello , è come un diamante: durerà per sempre. 
Che vi piaccia o no, vi accompagnerà vita-natural-lavoro-durante e, con un po' di sfiga (e sapete meglio di me che quella non manca mai), anche oltre: non sarà il primo "Qui riposa Mario Rossi, per gli amici O'Fetecchione", e neanche l'ultimo. 
Ora che vi ho avvisato, non pensate di fare i furbi, elucubrando di arrivare il primo giorno e dire che al paese vostro vi conoscono come "El Bradde Pitte", perché la cosa più probabile è che in comune con il Pitte avete solo l'odore corporale se non vi lavate per 3-4 giorni, e qui sono spagnoli, non cechi* (si, donne, fatevene una ragione: il Pitte puzza di cane bagnato. Si sa. É un fatto di cultura popolare. E l'uomo-normale 'sta cosa se la gode. Ci sono uomini-normali che, se gli chiedi "Qual è la cosa che più ti piace di te?", ti rispondono "...hmm ... che Bradde Pitte puzza."). 
Scusate, sto divagando...
Dicevamo: se non avete l'accortezza di portarvi il mote da casa, che magari non avete avuto tempo a prepararlo (si sa, uno la mattina esce di casa in fretta e furia), l'unica cosa da auspicare è che, nel giro di un paio di giorni, riusciate a venire a conoscenza del vostro, di mote, però in maniera naturale. Dove per "naturale" intendo senza chiedere in giro, né origliare le conversazioni dei lavoratori nascosti dentro un cassonetto, né offrire denaro chiedendo che vi sussurrino all'orecchio il vostro nomignolo (perché lì si corre il rischio che poi di soprannome ve ne appioppano un altro ben più classico), né minacciando licenziamenti, badilate sui denti, sospensioni, fucilazioni,  bombardamenti della Nato, o di portare GG DaLessio alla prossima cena di natale (che non sanno chi cippa sia, ma se ne renderebbero conto immediatamente...). 
Perché se non ne venite a conoscenza, del vostro mote, non è affatto perché l'avete scampata bella. Tutt'altro: il  mote ve lo hanno messo, ma è così ripugnante che la gente evita di pronunciarlo perché teme l'effetto Beatlejuice.
Elenco la formazione All Star Motes 2016: 
  • "El Primo" (il cugino. Di chi? mai capito.)
  • "El hombre-polla" (l'uomo minchia, baldo giovine calvo e senza spalle)
  • "La Reina" (la regina: in mancanza di donne, il più raffinato del gruppo diventa automaticamente la figura femminile dello stesso), 
  • "El Diente" (Il Dente, proprio perchè ne aveva uno solo, di dente) 
  • "El cubano", (parlossi tempo fa #diquellavoltache il camionista cubano mi spiegò cosa fosse la Sicilia)
  • "El cantante", (Cantar, oltre all'ovvio significato che tutti intuite, assume, nel gergo spagnolo, il significato di puzzare. Il tizio crede ancora di avere una bella voce e che la gente gli stia lontana per apprezzarla meglio...) 
  • "El Tripode" (Il Treppiedi, un marocchino dall'enorme … vabbuó, ci arrivate, no?)  
  • El Kowalsky (Questo non è vero, ma in tutte le storie della tv c'è sempre un Kowalsky. Sempre. Io, per non sbagliare...) 
La tendenza principale è fare buon viso a cattivo gioco, ragion per cui spesso vi si presenterà gente direttamente con il mote anziché con il proprio nome/cognome di battesimo. 
Per cui succede di assistere a conversazioni tipo: "Hola , soy el Uñas, el hermano del Metralleta, has visto al Orejas?" ("Ciao, sono Unghie, il fratello di Mitraglietta, hai visto Orecchie?", ove il primo non aveva bisogno della pala per scavare, il secondo balbuziente, il terzo, se lo metti nella posizione giusta, riceve Mediaset Premium.)
La cosa può sembrare simpatica, ma fate attenzione: se abbassate la guardia correte il rischio di non riuscire a distinguere mote da Cognome, e viceversa. 
Ad esempio, potreste ritrovarvi, ancora freschi e inesperti di spagnolo, a rivolgervi a un operaio grasso, incazzato e con tredici (13) capelli di trentacinque (35) centimetri di lunghezza cadauno, omogeneamente distribuiti sulla testa, con un cordiale, giornaliero, mattutino "Buenos días Señor Melena...", convinti che si tratti del suo cognome, per poi scoprire trascorsi 2 mesi che il tizio di cognome fa Lopez, e Melena in spagnolo significa Zazzera. 
Certo, se solo quegli stronzi dei colleghi mi avessero avvisato... quanto meno mi spiegai il motivo della perenne incazzatura.
Comunque: il mio mote? Mai saputo: mi sa che l'ho scampata bella!


* Chiedo scusa per la battutona "spagnoli, non cechi". Anche a me fanno ancora male gli occhi. Giuro, non lo faccio più.
 




 

domenica 28 febbraio 2016

#diquellavoltache un camionista cubano mi spiegò cosa fosse la Sicilia

Dopo un mesetto di lavoro in un ameno paesino della Costa Brava, conobbi il Cubano.
Ammettetelo: "Costa Brava", "Cubano", avete pensato tutti a un ragazzone abbronzato e palestrato che nel tempo libero fa il ballerino della DeFilippi.
Dico nel "tempo libero" perché la sua vera professione è l'essere bello.
Uno di questi che riesce ad avere  lo sguardo seduttore anche quando è in procinto di starnutire, mentre voi l'ultima volta che avete provato a farlo vi hanno consigliato un buon oculista, dicendovi che l'occhio pigro adesso tiene cura.
Uno di questi che ti conquista col suo accento latino anche se sta leggendo le istruzioni per usare l'applicatore di Preparazione H.
Uno di questi che al primo colpo di bacino ti innamora le fimmine in un raggio di 3 km, al secondo ti dis-eterosessualizza l'òmini, al terzo (il colpo più devastante) te li induce a iscriversi a latinoamericano e per questo è ricercato per crimini contro l'umanità,  essendo considerato il diretto responsabile di centinaia e centinaia di panze budinose avvolte in magliette aderenti con pajette nere (perché il nero sfila), di chiome da 7 capelli 'ngellate e litografate sui crani, di lussazioni d'anca dovute a movimenti spacciati per passi di ballo ma in realtà copiati uno ad uno da un documentario sull'accoppiamento dei furetti.

Nulla di tutto ciò.

Il mio, di Cubano, faceva il camionista nel cantiere dove lavoravo, aveva il doppio dei miei anni, la metà dei miei denti e son sicuro che svariate teorie evoluzionistiche riconoscerebbero in lui l'anello di congiunzione tra l'uomo e la nutria.
Era un uomo di poche parole, e non perché volesse fare il misterioso, né perché non avesse molto da dire: il Cubano era taciturno perché, in cuor suo, era cosciente del fatto che quando parlava non si capiva una beata mentula (Sarà stato lo stuzzicadenti infilato tra le labbra?  Sarà stato che lo stuzzicadenti era sempre lo stesso dal '79? Sarà stato che lo stuzzicadenti ormai godeva di vita propria e si faceva chiamare Alfio?...)
Il Cubano andava oltre il mangiarsi le parole: il Cubano, mentre si mangiava le parole, ruttava le parole che si era mangiato nella frase precedente.

In 3 anni il Cubano ed io interloquimmo una sola volta e per sua iniziativa, mentre entrambi osservavamo una gittata di cemento. Mi si avvicinò e, inspiegabilmente, il Cubano, parlò.

"Quindi tu sei Italiano... Italiano di dove?"  (1)
Risposi "Sicilia", non sapendo che, così facendo avrei innescato il monologo del caribeño che vi riporto, tradotto, qui di seguito:
"Siciliano della Sicilia...sì, é un'isola, vero? Sì, la conosco la tua isola, io. È tutta circondata dal mare, la tua isola, e ce ne sono tante altre li, sparse nel mare, e la gente parla lingue stranissime! Arabo, greco, turco... perché i turchi sono stati da te! Lo sapevi, no? Sì, sì, proprio nella tua isola! E, se non sbaglio, hanno ancora delle proprietà lì, nell'isola! Sì, sicuro, hanno delle proprietà. Hanno i terreni... - pausa, per passarsi lo stuzzicadenti da destra a sinistra e riorganizzarsi i denti - Sì, la conosco bene la tua isola, perché ho visto un documentario. Nella tua isola c'è un vulcano, un vulcano e-nor-me...e sembra che, anticamente c'è stato un terremoto. Un terremoto dentro il vulcano, e il vulcano ha tirato fuori tutta la mierda (gente, mierda non ve lo posso tradurre, si perde la genuinità del discorso), che é arrivata sulla tua isola, come una nuvola nera dal cielo...aspetta, come la chiamano?...ah si: la lava. La gente l'ha respirata e sono morti tutti. Di colpo. Rimanevano bloccati. Così - assume una posa plastica, come un fermo immagine del biondino degli 883, uno qualsiasi va bene -  come dei manichini di fango, però vuoti dentro!"
Lo osservai come avrei osservato un soluomo di Piero+Alberto Angela ubriaco di trementina. Osai intervenire con un: "...ehm, sì... più o meno... ma credo che ti stai confondendo...devi aver visto un documentario su Pompei...che é vicino Napoli..."
Mi scrutò con espressione interrogante e mi disse: "...ah...Napoli...che invece é in Italia... ma, scusa, non avevi detto di essere siciliano?". Ci osservammo dubbiosi l'un l'altro, ci allontanammo e non ci rivolgemmo più la parola. Era bastato.





(1) Breve inciso: tutti, sapendo che siete Italiani, avranno qualche parola da spendere in merito. Se siete fortunati sarà un classico "Ah! L'Italia! La pasta! La Toscana!" imitando un accento pseudo-italiano e muovendo le mani (perché gli italiani, per loro, muovono sempre le mani),  nei casi peggiori vi racconteranno le loro vacanze a Venezia e di quanto ristretto e caro sia il caffè,  o vi chiederanno se conoscete Giuseppe, l'amico che non vedono da vent'anni.